3.12.09

Blu e Turchini



abbiamo cercato di affogare,

ci siamo resi conto che sforzarsi di stare a galla era forse solo uno stupido modo di affaticarsi di più.

e poi affogare è un bellissimo modo per vedere (anche solo per un attimo) gli abissi profondi dove

(ci credo), si siedono le sirene e certe altre specie di mostri marini dai bei colori accesi,

soprattutto dei blu e dei turchini.

ora invece cerchiamo il volo, alto, altissimo.

una fanciulla trainata da cigni. una rete, il mare.

dopotutto è solo il movimento inverso.

gli abissi e il cielo.

due visioni della luce, incantevoli. due punti estremi di visione.

quanto ancora bisogna scavare? forse è giunto il tempo di non scavare più.

pesci, uccelli. pesci, uccelli. pesci e uccelli.

1.11.09

Numero Tre


Esploriamo le resistenze delle gravità quelle dell'aria fatta per esseri pennuti e ancora belli, e poi i profondi acquitrini, più oppure meno oceanici e blu (di nuovo), dove con grosso sforzo i pesci e le altre biologie hanno curato nel tempo, gene per gene prima, e fibra a fibra poi, i loro fisiomi.
Qui con enorme consumo di energie si muovono spostando ogni volta una materia pesante, circoscritta, che avvinghia e affatica ma hanno imparato a lasciarsi andare e galleggiare in tanto spessore molecolare. E poi ancora noi, esseri saliti sulla terra, che ci appoggiamo su noi stessi ed abbiamo imparato l'equilibrio essendone però schiavi a nostra insaputa.
Avremmo dovuto strisciare o saltare o contrarci allo spasimo.


Viviamo di un continuo cadere che ci fortifica i ginocchi. Abbiamo le piaghe alle mani e le spalle lussate. La tensione che portiamo nel collo, impressa sulla faccia, lungo le pareti della schiena, lungo i lati della lingua, prima o poi ci farà scoppiare.


Non riconoscersi in nulla, solo in certe piante e a volte in qualche casa dalle finestre socchiuse, ed altre volte nei cani coi quali ci spiace non poter condividere l'idioma. Parlare talmente tanto non per svuotarsi o anzi, sì per svuotarsi da perderla definitivamente questa parola.
La parola è limite, gli uomini sono gli esseri più limitati dell'intero mondo dei viventi.

28.10.09

Battito



il lavoro su Boccaccio si muove attorno ad una assonanza forte tra racconto (scrittura) e movimento organico. precisamente il rilassamento e la contrazione muscolare con tutto ciò che ne consegue.

il cuore è il centro delle nostre ricerche ( a Guiscardo viene strappato il cuore).

battito, contrazione, rilassamento.

e poi le relazioni tra personaggi inscindibili (nessuno è vivo da solo)
rapporto agonista ed antagonista.

i muscoli si aiutano o si contrastano.

è un teatro organico dove il pulsare e lo scorrere
del sangue nelle vene è come il passare dell'aria
attraverso le cavità nasali, la faringe, laringe,
trachea, bronchi, bronchioli, alveoli polmonari e poi
ritorna e porta la parola che è aria tumefatta,
segata, tagliata o spiattellata o soffio potente.

tutto nasce da una serie di artifici naturali e
non sappiamo da dove vengano, non basta sapere cosa
significano le parole, a noi interessa come vengono
prodotte e perché a volte trovano dei blocchi degli
ostacoli. e aggirare gli ostacoli come l'acqua aggira
una pietra in un ruscello senza pensarci, senza fare sforzi.
come il sangue che circola e trova grassi e
zuccheri ma non si ferma perché ha una funzione e se
si ferma non fa più parte di questa vita.

27.10.09

Concupiscenza


il testo va tutto nel corpo. deve assorbirsi prima di trovare la possibilità di essere pronunciato. è una nascita un ciclo che va portato agli stadi del biologico, perchè biologico è. rimanete con dio che io mi parto. sembra negare ogni metafisica della morte. e della vita. nel teatro questa sembra una frase appartenere all'attore. lui deve abbandonare le idee per essere tale. deve perdersi, partirsi. andare verso la natura, il biologico, l' acquoso, la terra. il lavoro attoriale verte sul lavoro muscolare mirato a scoprire la contrazione ed il rilassamento, la funzione dei muscoli involontari, la precisa comprensione dei muscoli agonisti ed antagonisti. e l'aria che passa tra questi movimenti come il vento tra valli tortuose. con cadute e riprese, durezze, scivolamenti e corse. verso la parola. creare un ambiente agevole al testo di boccaccio fibre muscolari pronte a esprimere la sua forma i suoi capogiri l'assenza di gravità la perdita dell'umano nella riconquista di un livello biologico molto più vicino al ciclo naturale dal quale il pensiero sembra aver cacciato l'umano come via da un eden.

Punti Salienti



1 - bisogno di regolazione di esigenze fisiologiche
2 - bisogno di attaccamento - affiliazione (non c'entra l'affetto)
3 - bisogno esplorativo
4 - bisogno di reagire avversivamente
5 - bisogno di piacere sessuale ed eccitazione sessuale

Studio Uno




la ripetizione e l’ossessione, i due temi che accompagnano questo studio, rigorosamente faticoso, di una nota fiaba popolare. l’attore deve abituarsi alla perdita, deve frantumare le sue abitudini vocali, manuali e di movimento per entrare in una nuova dimensione: quella del testo.


è chiarissimo il modo di leggerlo, l’attore deve funzionare, non funzionarsi. l’olio lubrificatore è dato dal testo, abbondante in consonanti e generoso di vocali, un testo che distrugge, sfianca, disabilita. abituiamo il corpo alla musica strutturalizzante e ripetitiva di Steve Reich, poi gli diamo silenzio, vocali, consonanti e Lui reagisce a malapena ma rendendosi conto pienamente della sua memoria, delle sue impossibilità. è uno stato che può durare un secondo, meno, ma ci fa sperare.


basiamo tutte le nostre speranze su un soffio di fiato, un gesto colto di sorpresa. è questo che stiamo cercando ed abbiamo trovato nei due piccoli protagonisti
(Hansel e Gretel, sono loro i protagonisti)
una possibilità immensa.


quella che facciamo è solo ricerca e vogliamo farla in modo scientifico, rigoroso appunto.
non essere contenti mai: degli attori (troppo presenti), delle parole (macigni), delle atmosfere. una ricerca limpida, che segue il testo come un bambino che sta imparando a leggere.


tutto nasce per gioco estraendo dal testo tutti gli elementi necessari, non una parola in più, e parole significano cose: suoni, movimenti e materiali. è difficile fare pulizia totale ma il limite della nostra capacità diviene anch’esso motivo di ricerca. imparare a fare teatro, lo si dovrebbe fare più spesso.


“Dobbiamo uscire dal bosco della strega”.


per essere ancora una volta nell’involucro.


è pericoloso, buio, freddo o troppo caldo. è chiaro e poi scuro, dolce e subito salato.


un gioco estremo, fuori da ogni immaginazione. la lingua ricca di vocali si contrappone e lotta contro una lingua dura, orribile, dura. tutta qui è l’avventura di Hansel e Gretel coi sassi e le molliche fino alle bianche piume di un anatrino.


bisogna portare l’attore allo stato dell’interessante e non la situazione.


bisogna che non il testo venga letto ma che si faccia esso lettore nell’attore.


il nostro maggiore desiderio è quello di non crearci uno stile. braccia, bacini, interno cosce e gomiti sono gli unici luoghi che debbono dar luogo alla parola. se proprio dobbiamo accettare che questa nasca da noi preferiamo partorirla da qui.


questo studio riflette sulla perdita. perdita vuol dire molto. soprattutto si parte dalla perdita del razionale. niente indicazioni, niente tecnica. certamente il lavoro più difficile è quello con gli attori, chiedono troppo senza capire che proprio nella risposta il teatro muore ogni volta.


lavorare ad Hansel e Gretel significa essere completamente fuori. paura e sgomento dati da perdizione e smarrimento, disorientamento. disorientare gli attori è molto difficile come del resto lo è disorientare chiunque. l’attore sensibile è un attore che ancora non viene fuori, forse è un attore che non esiste. il lavoro esplora i campi dell’ipocrisiaco e del bugiardo, i limiti invalicabili dell’arte contemporanea. sicuramente un passo lo abbiamo fatto: uno.